Viaggi in macchina, Autogrill e cibo: manuale di sopravvivenza
Inviato: 5 luglio 2016, 10:45
Ciao a tutti,
sono rientrata ieri da un viaggio allucinante: 2.500 km in macchina in 4 giorni, tra Italia e Francia.
Ho avuto un sacco di tempo per pensare, al cibo, soprattutto, e a come uscire da questo genere di situazioni estenuanti (senza frutta e in pieno esaurimento fisico e mentale) col minor danno possibile.
Un tempo mi sarei semplicemente fermata e avrei acchiappato un panino dal banco, pentendomi poi per il resto del viaggio.
Fortunatamente, qualche settimana prima di questa impresa titanica in auto, sono incappata in un video sul digiuno e sul sovrappeso, grazie al quale ho capito come funziona l'istinto dell'uomo davanti all'abbondanza, e come il senso di colpa dopo l'abbuffo non abbia alcuna ragion d'essere, oltre ad essere dannoso.
Vi linko il video https://www.youtube.com/watch?v=KHJTnkXH2OA che purtroppo è in francese (mi dispiace!).
Il concetto di base è che l'uomo, così come ogni altro animale, non è stato progettato per la restrizione calorica. In natura esistono due condizioni: la fame e la sazietà. Non esistono vie intermedie di nutrimento continuo a piccole dosi. Se prendiamo un animale qualsiasi, lo vediamo mangiare a sazietà nel momento in cui il cibo è disponibile, per poi smettere e dedicarsi ad altro (di solito al riposo, ma perché no, allo svago) per lungo tempo, fino al ritorno della fame acuta e alla nuova disponibilità di cibo. L'uomo ideale, frugivoro, imbattendosi in un frutteto si nutrirebbe fino alla soddisfazione, per poi ripartire nella sua esplorazione del mondo. Allo stesso modo noi, tutti noi, davanti ad un banchetto siamo tentati di partecipare. Ci avete fatto caso? Ad una festa, di fronte ad una tavola imbandita, non solo ci viene fame, ma ci cambia proprio l'umore. Diventiamo "leggeri", meno rigidi, si forma un pensiero che appare, in quel momento, meraviglioso e liberatorio: "e se sgarro, che male fa?".
Ebbene, questa reazione di fronte all'abbondanza, non è una debolezza, un'incapacità, un'inettitudine.
È un istinto, nato con noi e che ci accompagnerà per sempre.
E allora, come comportarsi nei momenti di difficoltà, che si tratti di una festa o di una sosta in Autogrill?
Per prima cosa, non sgranocchiare. In viaggio, non portatevi stuzzichini, snack (anche sani) e cibi che vi facciano compagnia per tutto il tempo. Il mangiare continuo, per noia, mantiene lo stomaco continuamente attivo, non permette l'accumulo degli enzimi digestivi (che vengono smaltiti in continuazione) e, soprattutto, non dà vera soddisfazione (ed è quindi un mangiare inutile). In macchina tenete solo acqua.
Le soste in autogrill: attendere il più possibile, mangiare nell'autogrill e buttare gli avanzi. Fate passare il lasso di tempo più lungo di cui siete capaci tra una sosta e l'altra. Ovviamente più siete stanchi e meno resisterete (le soste saranno più ravvicinate). Ma va bene, alla fine lo scopo è superare il momento nel miglior modo, alleviare la fatica e arrivare a casa sani e salvi. Alla prima tappa abbiamo fatto 1.000 km di fila e io sono riuscita a non mangiare, ma poi, andando avanti, negli ultimi tratti eravamo costretti a fermarci ogni tre ore, e così ogni tre ore ho mangiato.
Qualsiasi cosa scegliate di mangiare, nutritevi in autogrill e poi buttate l'avanzo. Sì, sì, buttare il cibo rimasto. Un avanzo rimane tale anche se ingerito. Con la differenza che invece di essere un "in più" nella spazzatura, è un eccesso nel vostro corpo, che farà fatica a liberarsene. Quindi, quando arriva il momento dello sgarro, non prolungatelo: avete ceduto comprando un pacco di biscotti? Ok, mangiate uno, due, tre, quattro biscotti (non tutto il pacco, vi prego), ma appena soddisfatti, lanciate il resto nel cestino. Come sopra: mai e poi mai portarsi in macchina cibo malsano da sgranocchiare. Fiondatelo con gioia nella spazzatura prima di rimettervi in viaggio. Qualsiasi cosa sia e in qualsiasi quantità.
La scelta del cibo babbano: leggere le etichette per smorzare l'entusiasmo. Paese che vai autogrill che trovi. In Francia ci sono pinete e aree di sosta verdi. Volendo, è possibile sgranchirsi senza entrare nemmeno nell'autogrill, evitando le tentazioni. Ma in Italia, spesso lo spazio esterno è poco, puzzolente di smog e la "passeggiata" in autogrill diventa davvero l'unica interruzione alla monotonia del viaggio. Una volta dentro, il cibo a disposizione sembra tanto, la saliva aumenta e subito il corpo "vuole" partecipare al banchetto. Ebbene, un modo fantastico per svagarsi e ridimensionare la fame è passeggiare allegramente tra gli scaffali leggendo le etichette attentamente. Non solo vi sgranchite le gambe e passate un bel momento di svago, ma vi accorgete subito che l'abbondanza è camuffata. Nella vita normale sto lontana dai supermercati e non mi prendo neanche la briga di studiare le etichette di cibi che so che non mangerò mai più (tipo biscotti al burro e cioccolato). Ma in autogrill, la faccenda si è trasformata in una piccola indagine. La varietà è apparente, tutto è fatto con gli stessi ingredienti sintetici: dal prodotto più industriale al simil prodotto regionale. Leggere le etichette fa passare la voglia di mangiare e mostra il "banchetto" per quello che è: un laboratorio di chimica.
La scelta del cibo: minimizzare il danno. Il giro di ricognizione tra gli scaffali di solito ridimensiona parecchio il ventaglio di scelta. Prima tutto era disponibile, dopo, le cose che, a livello di ingredienti, restano commestibili si contano sulle dita di una mano.
Quello che avrei potuto mangiare in Italia: vaschette di frutta già tagliata (un po' di giorni prima...), banane verdi, prosciutto di parma o san daniele (senza polifosfati: solo carne e sale), succhi o frullati di frutta pastorizzati, insalata al ristorante con qualche mozzarellina.
Quello che avrei potuto mangiare in Francia: banane verdi o mele incellophanate, vaschetta di carote a julienne e limone, omogeneizzati di verdura per bebè.
Cosa ho mangiato in realtà: nel tratto italiano, io e il mio compagno abbiamo optato per il prosciutto crudo san daniele. Ebbene sì. Cibo animale. Ho saltato a piè pari la pseudofrutta acerba, senza sapore e senza gioia. Non c'è niente che mi dia più tristezza del finto cibo sano. Piuttosto di mangiare banane acerbe o frutta depressa, salto il pasto. Il prosciutto, al contrario, pur avendo il maiale come macroingrediente, ha fatto egregiamente il suo dovere. Ha un buon sapore, non ha conservanti (leggete bene, ci può essere di tutto negli affettati, persino il glutine), dà la stessa soddisfazione di un buon panino, ma senza la pesantezza del pane. E sazia. In un momento di debolezza psicologica e fisica, una vaschetta di prosciutto è stato un compromesso ottimo. Unico lato negativo: la sete incredibile per tutto il giorno successivo. Sempre in Italia, ho trovato una sola volta una vaschetta di cocco anche questo imballato qualche giorno addietro, ma la noce di cocco regge mille volte meglio di una povera pesca. Molto soddisfacente. Ovviamente si tratta di due pause differenti: no cocco e prosciutto insieme!
Anche nel tratto francese ho saltato a piè pari la frutta insipida. Sto parlando di ieri: partenza alle 6 e 20 del mattino, prima sosta verso le 8, quarto e ultimo giorno di viaggio. Colazione in autogrill. Dopo il giro di ricognizione una scelta azzardata: muffin al cioccolato e nocciole e caffè. Ebbene sì, dopo tanti bei discorsi, la scelta è ricaduta sul cibo da banco (con qualche conservante in meno...si spera) senza controllare gli ingredienti (che tanto so essere tutti nocivi, dal primo all'ultimo). Ma testa e corpo vanno insieme. Sia io che il mio compagno eravamo prossimi all'esaurimento. Una colazione vecchio stile in quel caso ci ha svegliato e rallegrato parecchio. Sempre in Francia, all'ora di pranzo dello stesso giorno, abbiamo comprato una baguette, una vaschetta di burro e sardine sott'olio. Perché questa scelta? Perché i grassi (in questo caso il burro) limitano il picco glicemico dei carboidrati complessi (il pane). Anche questo pasto è stato una soddisfazione. La mezza baguette rimasta, così come il burro (le sardine no...sono finite) sono volate allegramente nella spazzatura. Questo tipo di cibo, a tre ore dall'arrivo, ci ha dato lo sprint finale.
Una volta a casa è partito il digiuno. Mentre scrivo, sono in digiuno a secco da 22 ore. Perché a secco? Perché non ho molto tempo. Sono in mezzo ad un trasloco e ho bisogno di ripartire con forza molto presto. Un digiuno a secco è più intenso: in un paio di giorni ripulisco le scorie e riprendo la mia amata dieta frugivora.
E questo è tutto. Mi piacerebbe tanto sapere come vi comportate voi in viaggio. Cosa scegliete di mangiare e come.
Per mettere in piedi un vero manuale di sopravvivenza, da mettere in atto in situazioni di stress e mancanza di cibo adeguato.
Grazie per aver letto questo interminabile post,
un abbraccio
Pandora
sono rientrata ieri da un viaggio allucinante: 2.500 km in macchina in 4 giorni, tra Italia e Francia.
Ho avuto un sacco di tempo per pensare, al cibo, soprattutto, e a come uscire da questo genere di situazioni estenuanti (senza frutta e in pieno esaurimento fisico e mentale) col minor danno possibile.
Un tempo mi sarei semplicemente fermata e avrei acchiappato un panino dal banco, pentendomi poi per il resto del viaggio.
Fortunatamente, qualche settimana prima di questa impresa titanica in auto, sono incappata in un video sul digiuno e sul sovrappeso, grazie al quale ho capito come funziona l'istinto dell'uomo davanti all'abbondanza, e come il senso di colpa dopo l'abbuffo non abbia alcuna ragion d'essere, oltre ad essere dannoso.
Vi linko il video https://www.youtube.com/watch?v=KHJTnkXH2OA che purtroppo è in francese (mi dispiace!).
Il concetto di base è che l'uomo, così come ogni altro animale, non è stato progettato per la restrizione calorica. In natura esistono due condizioni: la fame e la sazietà. Non esistono vie intermedie di nutrimento continuo a piccole dosi. Se prendiamo un animale qualsiasi, lo vediamo mangiare a sazietà nel momento in cui il cibo è disponibile, per poi smettere e dedicarsi ad altro (di solito al riposo, ma perché no, allo svago) per lungo tempo, fino al ritorno della fame acuta e alla nuova disponibilità di cibo. L'uomo ideale, frugivoro, imbattendosi in un frutteto si nutrirebbe fino alla soddisfazione, per poi ripartire nella sua esplorazione del mondo. Allo stesso modo noi, tutti noi, davanti ad un banchetto siamo tentati di partecipare. Ci avete fatto caso? Ad una festa, di fronte ad una tavola imbandita, non solo ci viene fame, ma ci cambia proprio l'umore. Diventiamo "leggeri", meno rigidi, si forma un pensiero che appare, in quel momento, meraviglioso e liberatorio: "e se sgarro, che male fa?".
Ebbene, questa reazione di fronte all'abbondanza, non è una debolezza, un'incapacità, un'inettitudine.
È un istinto, nato con noi e che ci accompagnerà per sempre.
E allora, come comportarsi nei momenti di difficoltà, che si tratti di una festa o di una sosta in Autogrill?
Per prima cosa, non sgranocchiare. In viaggio, non portatevi stuzzichini, snack (anche sani) e cibi che vi facciano compagnia per tutto il tempo. Il mangiare continuo, per noia, mantiene lo stomaco continuamente attivo, non permette l'accumulo degli enzimi digestivi (che vengono smaltiti in continuazione) e, soprattutto, non dà vera soddisfazione (ed è quindi un mangiare inutile). In macchina tenete solo acqua.
Le soste in autogrill: attendere il più possibile, mangiare nell'autogrill e buttare gli avanzi. Fate passare il lasso di tempo più lungo di cui siete capaci tra una sosta e l'altra. Ovviamente più siete stanchi e meno resisterete (le soste saranno più ravvicinate). Ma va bene, alla fine lo scopo è superare il momento nel miglior modo, alleviare la fatica e arrivare a casa sani e salvi. Alla prima tappa abbiamo fatto 1.000 km di fila e io sono riuscita a non mangiare, ma poi, andando avanti, negli ultimi tratti eravamo costretti a fermarci ogni tre ore, e così ogni tre ore ho mangiato.
Qualsiasi cosa scegliate di mangiare, nutritevi in autogrill e poi buttate l'avanzo. Sì, sì, buttare il cibo rimasto. Un avanzo rimane tale anche se ingerito. Con la differenza che invece di essere un "in più" nella spazzatura, è un eccesso nel vostro corpo, che farà fatica a liberarsene. Quindi, quando arriva il momento dello sgarro, non prolungatelo: avete ceduto comprando un pacco di biscotti? Ok, mangiate uno, due, tre, quattro biscotti (non tutto il pacco, vi prego), ma appena soddisfatti, lanciate il resto nel cestino. Come sopra: mai e poi mai portarsi in macchina cibo malsano da sgranocchiare. Fiondatelo con gioia nella spazzatura prima di rimettervi in viaggio. Qualsiasi cosa sia e in qualsiasi quantità.
La scelta del cibo babbano: leggere le etichette per smorzare l'entusiasmo. Paese che vai autogrill che trovi. In Francia ci sono pinete e aree di sosta verdi. Volendo, è possibile sgranchirsi senza entrare nemmeno nell'autogrill, evitando le tentazioni. Ma in Italia, spesso lo spazio esterno è poco, puzzolente di smog e la "passeggiata" in autogrill diventa davvero l'unica interruzione alla monotonia del viaggio. Una volta dentro, il cibo a disposizione sembra tanto, la saliva aumenta e subito il corpo "vuole" partecipare al banchetto. Ebbene, un modo fantastico per svagarsi e ridimensionare la fame è passeggiare allegramente tra gli scaffali leggendo le etichette attentamente. Non solo vi sgranchite le gambe e passate un bel momento di svago, ma vi accorgete subito che l'abbondanza è camuffata. Nella vita normale sto lontana dai supermercati e non mi prendo neanche la briga di studiare le etichette di cibi che so che non mangerò mai più (tipo biscotti al burro e cioccolato). Ma in autogrill, la faccenda si è trasformata in una piccola indagine. La varietà è apparente, tutto è fatto con gli stessi ingredienti sintetici: dal prodotto più industriale al simil prodotto regionale. Leggere le etichette fa passare la voglia di mangiare e mostra il "banchetto" per quello che è: un laboratorio di chimica.
La scelta del cibo: minimizzare il danno. Il giro di ricognizione tra gli scaffali di solito ridimensiona parecchio il ventaglio di scelta. Prima tutto era disponibile, dopo, le cose che, a livello di ingredienti, restano commestibili si contano sulle dita di una mano.
Quello che avrei potuto mangiare in Italia: vaschette di frutta già tagliata (un po' di giorni prima...), banane verdi, prosciutto di parma o san daniele (senza polifosfati: solo carne e sale), succhi o frullati di frutta pastorizzati, insalata al ristorante con qualche mozzarellina.
Quello che avrei potuto mangiare in Francia: banane verdi o mele incellophanate, vaschetta di carote a julienne e limone, omogeneizzati di verdura per bebè.
Cosa ho mangiato in realtà: nel tratto italiano, io e il mio compagno abbiamo optato per il prosciutto crudo san daniele. Ebbene sì. Cibo animale. Ho saltato a piè pari la pseudofrutta acerba, senza sapore e senza gioia. Non c'è niente che mi dia più tristezza del finto cibo sano. Piuttosto di mangiare banane acerbe o frutta depressa, salto il pasto. Il prosciutto, al contrario, pur avendo il maiale come macroingrediente, ha fatto egregiamente il suo dovere. Ha un buon sapore, non ha conservanti (leggete bene, ci può essere di tutto negli affettati, persino il glutine), dà la stessa soddisfazione di un buon panino, ma senza la pesantezza del pane. E sazia. In un momento di debolezza psicologica e fisica, una vaschetta di prosciutto è stato un compromesso ottimo. Unico lato negativo: la sete incredibile per tutto il giorno successivo. Sempre in Italia, ho trovato una sola volta una vaschetta di cocco anche questo imballato qualche giorno addietro, ma la noce di cocco regge mille volte meglio di una povera pesca. Molto soddisfacente. Ovviamente si tratta di due pause differenti: no cocco e prosciutto insieme!
Anche nel tratto francese ho saltato a piè pari la frutta insipida. Sto parlando di ieri: partenza alle 6 e 20 del mattino, prima sosta verso le 8, quarto e ultimo giorno di viaggio. Colazione in autogrill. Dopo il giro di ricognizione una scelta azzardata: muffin al cioccolato e nocciole e caffè. Ebbene sì, dopo tanti bei discorsi, la scelta è ricaduta sul cibo da banco (con qualche conservante in meno...si spera) senza controllare gli ingredienti (che tanto so essere tutti nocivi, dal primo all'ultimo). Ma testa e corpo vanno insieme. Sia io che il mio compagno eravamo prossimi all'esaurimento. Una colazione vecchio stile in quel caso ci ha svegliato e rallegrato parecchio. Sempre in Francia, all'ora di pranzo dello stesso giorno, abbiamo comprato una baguette, una vaschetta di burro e sardine sott'olio. Perché questa scelta? Perché i grassi (in questo caso il burro) limitano il picco glicemico dei carboidrati complessi (il pane). Anche questo pasto è stato una soddisfazione. La mezza baguette rimasta, così come il burro (le sardine no...sono finite) sono volate allegramente nella spazzatura. Questo tipo di cibo, a tre ore dall'arrivo, ci ha dato lo sprint finale.
Una volta a casa è partito il digiuno. Mentre scrivo, sono in digiuno a secco da 22 ore. Perché a secco? Perché non ho molto tempo. Sono in mezzo ad un trasloco e ho bisogno di ripartire con forza molto presto. Un digiuno a secco è più intenso: in un paio di giorni ripulisco le scorie e riprendo la mia amata dieta frugivora.
E questo è tutto. Mi piacerebbe tanto sapere come vi comportate voi in viaggio. Cosa scegliete di mangiare e come.
Per mettere in piedi un vero manuale di sopravvivenza, da mettere in atto in situazioni di stress e mancanza di cibo adeguato.
Grazie per aver letto questo interminabile post,
un abbraccio
Pandora