Risveglio (breve racconto)
Inviato: 15 aprile 2010, 18:37
Un giorno qualsiasi
Non andare a conclusioni affrettate e meccaniche, dissi con calma.
Ma lui stranamente, non rispose come sempre, affermando che non era così, che lui viveva libero e padrone delle sue scelte, che era ben cosciente di quello che diceva e faceva.
Questa volta, era immobile e in silenzio, lo sguardo nel vuoto e pensieroso.
Anch’io rimasi in silenzio, ma incuriosito, interrogai col mio sguardo il suo.
Gli attimi successivi, li volsi al presente, usando la tecnica di guardarmi attentamente la mano, girandola e chiudendola con impegnata concentrazione, che mi portò immediatamente a percepire me stesso, lasciando fluire liberamente il pensiero, senza influenze e strani sensi di colpa, o concetti meccanici, insiti nel nostro vivere.
In un baleno, percepii i suoi stati d’animo, orgoglio, rabbia, voglia di attaccarmi, ma anche paura.
Subito dopo, mi alzai dalla sedia, e mi avvicinai alla finestra, dando le spalle a lui, ancora assorto nelle sue riflessioni.
La giornata fuori era fredda e piovosa, ma ciò, non aveva influenza su di me, avendo imparato a dare ascolto, al tempo interiore.
Quello esterno, era solo spunto di osservazione.
Invece, nella concezione comune e radicata, il tempo meteorologico, viene legato a stati d’animo, facendo ormai involontariamente scattare un sentimento, ritenuto interiore, e quindi considerato, a volte, anche un disturbo psicofisico.
E’ strano, disse improvvisamente, facendomi voltare, come questa volta, sia stato assalito da dubbi e incertezze inaspettate, ho sentito scattare in me tante cose, la prima, è stata la non impulsività di risposta, e ciò, ha fatto sì che desse tempo ad altri sentimenti di emergere, dandomi modo di osservarli.
Mi sono accorto, di quanto, non abbia ascolto dell’altro, di quanto il mio ego voglia predominare, volendosi prendere tutto lo spazio possibile, e così facendo, non ascolto nessuno, e non di meno, me stesso.
Se stesso?, intervenii.
Questo concetto, è deformato, continuai, il concetto di se stesso predominante, è asservito all’apparenza, al possesso, cioè, chi possiede o appare”bello”, è.
Si alzò anch’egli, ciò che mi ha sconcertato, disse, è, quanto sia bastato un attimo di non comportamento abituale ad aprirmi a nuove percezioni.
Squillò il telefonino, interrompendo la nostra conversazione, sono loro, dissi, facendo un cenno d’intesa.
Ci avviammo verso la porta e uscimmo.
Non andare a conclusioni affrettate e meccaniche, dissi con calma.
Ma lui stranamente, non rispose come sempre, affermando che non era così, che lui viveva libero e padrone delle sue scelte, che era ben cosciente di quello che diceva e faceva.
Questa volta, era immobile e in silenzio, lo sguardo nel vuoto e pensieroso.
Anch’io rimasi in silenzio, ma incuriosito, interrogai col mio sguardo il suo.
Gli attimi successivi, li volsi al presente, usando la tecnica di guardarmi attentamente la mano, girandola e chiudendola con impegnata concentrazione, che mi portò immediatamente a percepire me stesso, lasciando fluire liberamente il pensiero, senza influenze e strani sensi di colpa, o concetti meccanici, insiti nel nostro vivere.
In un baleno, percepii i suoi stati d’animo, orgoglio, rabbia, voglia di attaccarmi, ma anche paura.
Subito dopo, mi alzai dalla sedia, e mi avvicinai alla finestra, dando le spalle a lui, ancora assorto nelle sue riflessioni.
La giornata fuori era fredda e piovosa, ma ciò, non aveva influenza su di me, avendo imparato a dare ascolto, al tempo interiore.
Quello esterno, era solo spunto di osservazione.
Invece, nella concezione comune e radicata, il tempo meteorologico, viene legato a stati d’animo, facendo ormai involontariamente scattare un sentimento, ritenuto interiore, e quindi considerato, a volte, anche un disturbo psicofisico.
E’ strano, disse improvvisamente, facendomi voltare, come questa volta, sia stato assalito da dubbi e incertezze inaspettate, ho sentito scattare in me tante cose, la prima, è stata la non impulsività di risposta, e ciò, ha fatto sì che desse tempo ad altri sentimenti di emergere, dandomi modo di osservarli.
Mi sono accorto, di quanto, non abbia ascolto dell’altro, di quanto il mio ego voglia predominare, volendosi prendere tutto lo spazio possibile, e così facendo, non ascolto nessuno, e non di meno, me stesso.
Se stesso?, intervenii.
Questo concetto, è deformato, continuai, il concetto di se stesso predominante, è asservito all’apparenza, al possesso, cioè, chi possiede o appare”bello”, è.
Si alzò anch’egli, ciò che mi ha sconcertato, disse, è, quanto sia bastato un attimo di non comportamento abituale ad aprirmi a nuove percezioni.
Squillò il telefonino, interrompendo la nostra conversazione, sono loro, dissi, facendo un cenno d’intesa.
Ci avviammo verso la porta e uscimmo.