
grazie a tutti per il benvenuto e per i link!

si le testimonianze mi aiutano molto...
perche' nonostante gia' il solo leggere il libro di Ehret, il solo sperimentare direttamente certe cose, sfatando certi luoghi comuni in prima persona, risulti fin da subito molto convincente...
e' difficile la strada che si ha davanti...

una lotta prima di tutto con la propria testa...
se io ho potuto conoscere questo forum, Ehret e tutto il resto e' stato grazie all'articolo di una ragazza su disinformazione.it, sulle mestruazioni..mi ha aperto un mondo! Mi era molto piaciuta tra parentesi la citazione che aveva fatto, nel finale dell'articolo che voglio riportare di seguito:
"Nel libro ”I cosiddetti sani, la patologia della normalità”, Erich Fromm scrive: “Molti conosceranno il racconto di Herbert George Wells “Il paese dei ciechi”: un giovane, smarritosi in Malesia [sic: in Wells, sulle Ande ecuadoriane. N.d.T.], incontra una tribù dove da molte generazioni tutti gli individui sono affetti da cecità congenita. Il giovane invece, per sua «sfortuna», ci vede: e così tutti diffidano di lui.
Tra gli altri, persino medici esperti diagnosticano la sua malattia come una strana e fino ad allora ignota affezione del volto, causa di ogni sorta di fenomeni bizzarri e patologici:
“Queste strane cose chiamate occhi, che esistono per formare nel volto una lieve e piacevole depressione, in lui sono malate di modo che gli disturbano il cervello. Sono molto dilatate, hanno le ciglia con palpebre che si muovono; di conseguenza, il suo cervello è in uno stato costante d’irritazione e di distrazione”. (Wells, 1925, p. 671) Il giovane si innamora di una ragazza e la vuole sposare. Ma il padre di lei si oppone alle nozze, a meno che egli non si sottoponga a un’operazione che lo renda cieco. Prima di dare il suo consenso, il giovane fugge via.
Il racconto di Wells mostra con estrema semplicità quello che tutti noi proviamo, più o meno distintamente, quando si parla di normalità e anormalità, salute e malattia, dal punto di vista dell’adattamento.
La teoria dell’adattamento si basa implicitamente su alcune premesse: 1) ogni società in quanto tale è normale; 2) chi non corrisponde al tipo di personalità gradito alla società deve considerarsi psichicamente malato; 3) il sistema sanitario, in ambito psichiatrico e psicoterapeutico, ha lo scopo di ricondurre il singolo individuo al livello dell’uomo medio, indipendentemente dal fatto che questi sia cieco o vedente. L’unica cosa che conta è che l’individuo sia adattato, e che non turbi il contesto sociale.
La teoria dell’adattamento è caratterizzata da alcuni elementi. Tipica è per esempio la convinzione che la nostra famiglia, la nostra nazione, la nostra razza siano da considerarsi normali, mentre il modo di vivere degli altri viene percepito come non normale. Mi spiegherò meglio con un aneddoto. Un uomo va dal medico e gli descrive i suoi sintomi. Comincia così:
«Dunque, dottore, ogni mattina, dopo che ho fatto la doccia e ho vomitato...».
Il medico lo interrompe subito: «Mi sta dicendo che lei vomita tutte le mattine?», e il paziente replica: «Perché, dottore, non lo fanno tutti?».
Questa storiella è divertente proprio perché coglie un atteggiamento che tutti noi, chi più chi meno, condividiamo. Magari sappiamo che alcune nostre idiosincrasie personali si riscontrano anche in altri individui, ma non sappiamo che vi sono molte idiosincrasie che esistono soltanto nelle nostre famiglie, negli Stati Uniti o nel mondo occidentale, e che noi invece riteniamo comuni a tutti gli esseri umani, mentre in realtà non sono affatto caratteristiche della natura umana.”
"
mi ha aiutata ad uscire per un minuto dal pensiero tipico e piu' semplice, trovare assurdo che le mestruazioni fossero l'anormalita', solo perche' fossi abituata a pensare il contrario.....
e così anche leggere tutte le vostre testimonianze

oltre a Ehret in primis, mi aiuta molto a scacciare certe paure e incertezze... a superare i terrorismi di chi mi vorrebbe fermare "per il mio bene"...

insomma mi da' moooolta forza sentirmi insieme a tutti voi nel tentativo di cambiare
in ogni caso e' iniziata la dieta di transizione

da una settimana circa a regime

fortunatamente sono insieme a mio moroso in questa cosa e ci stiamo aiutando a vicenda
ora so che e' presto per parlare ma sono rarissime le volte in cui sento nostalgia del vecchio cibo (pizza, pasta, pane, perche' carne e latticini e uova li avevo gia' tolti da vegana), ed e' piu' una cosa di testa che di stomaco, anche perche' le rare volte che poi agli inizi (nella settimana pre transizione in cui cmq avevo gia' cominciato a diminuirli molto) quando poi accontentavo la voglia spesso mi trovavo piu' sazia del necessario, appesantita, o con mal di pancia...
oggi il pranzo era insalata verde, mela, carota alla jullienne e olive, e dopo stavo cucinando dei cavolfiori, ma con l'insalata ero gia' apposto, cosa che sarebbe stata inpensabile in passato....mi chiedo a questo punto quanto davvero ascoltassi il mio reale bisogno di soddisfare la fame e quanto invece non fosse frutto dell'idea che un'insalata e' come mangiare aria...

insomma si parte...
vorrei farvi una domanda...dato che cmq io il latte/formaggio non lo tollero, pensate che quelle poche volte che Ehret propone il cottage cheese per la transizione, si possa sostituire con il tofu se proprio?
alla peggio niente

amen cottage cheese
grazieeeeee a tutti di nuovo
Elisa