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Colmare il Vuoto Interiore

Leggo nel mio forum sul Sistema di Guarigione della Dieta Senza muco che alcuni utenti non appena abbandonano dei cibi non adatti a un’alimentazione corretta vengono colti da smodato desiderio di consumarli nuovamente.

Molti degli insuccessi e credenze che una dieta che esclude certi alimenti sia estrema sono dovuti all’essere dipendenti da certi cibi che non appena vengono abbandonati ci si trova a disagio, e poi si inizia a sparare a zero sulla dieta.

Ma la dieta non è il bersaglio corretto. L’omettere certi cibi ha evidenziato una dipendenza preesistente.

Ognuno che sia soggetto a una dipendenza, non solo a quella del cibo può imparare come diventarne completamente libero.

La difficoltà ad avere successo in questo ha a che fare con la disinformazione. Da qualche parte lungo la linea, forse in qualche libro, rivista o talk show, ci hanno fatto credere che abbiamo un vuoto dentro di noi, ma questo concetto è semplicemente sbagliato, è una credenza.

Anch’io uso spesso questa espressione, dimentico del fatto che può essere soggetta ad equivoci. In passato credevo di dover riempire un vuoto quando la sofferenza era parte della mia vita.

Cercavo di imparare a “riempire il vuoto”, quel vuoto doloroso, pozzo senza fondo dentro la mia anima, il “cuore affamato”, quella sensazione di bisogno di qualcosa che se non la trovi o non comprendi di cosa si tratta, ti impedisce di sentirti intero e completo.

Quando una persona è insicura tende a riempire quel vuoto con della spazzatura, si relaziona con persone distruttive, si coinvolge in relazioni inappropriate, si ritrova a fare sesso con persone inaffidabili, cade nel baratro delle droghe o degli psicofarmaci, spende soldi per qualcosa che non gli serve per poi non usarla mai, mangia troppo, beve alcolici o uno dei tanti altri modi che la mente propone. Per tutto il tempo credendo che se trovasse la cosa giusta per riempire quel vuoto ritroverebbe la pace.

Ma non funziona mai.

La verità è che chiunque abbia mai sofferto, chiunque abbia mai perso una persona cara, ha una vera sensazione fisica di vuoto. Se si presta molta attenzione quando si è tristi, si può effettivamente sentire un vuoto nel proprio cuore. Depressione potrebbe essere un termine che riassume questa situazione quando è persistente.

Ma in realtà, paradossalmente, non esiste alcun vuoto.

Quella sensazione di vuoto, se mai la provassi, non è uno spazio vuoto reale dentro di te che ha bisogno di essere riempito. Non c’è un vuoto dentro di te, c’è solo un senso di vuoto. Il senso di vuoto e un vuoto reale sono due cose nettamente differenti.

Anni fa ho letto un articolo riguardo agli arti fantasma. Alcune persone alle quali era stato amputato un braccio o una gamba avevano la sensazione che l’arto fosse ancora lì. Ma non è il caso delle dipendenze, abbiamo l’arto, ma non riconosciamo che esiste. Il modo in cui percepiamo noi stessi è incompleto. Come abbiamo imparato a percepire noi stessi incompleti proviene dalla nostra infanzia.

Ma non abbiamo nessun vuoto. Siamo completi.

La soluzione che ho trovato, e che per me ha funzionato ogni qualvolta che il fatidico “vuoto interiore” mi faceva visita, è stato di scegliere un momento tranquillo della giornata, quando non aspettavo nessuno, il postino o il corriere era già passato e le possibilità di essere disturbato erano remote, e sedermi sul divano, mettere l’attenzione sul dolore emozionale che il senso di vuoto mi procurava, localizzando nel corpo il punto dove si manifestava la sensazione invece di cercare di calmarlo cercando affetto, sesso, sigarette o cibo, ma accettandolo come si accetta un difetto come una gobbetta sul naso o una ruga.

Ho suggerito questa soluzione a qualcuno, ma la risposta è più o meno la stessa: “Grazie comunque, ma c’è davvero un vuoto.”

In realtà è solo una sensazione.

Quando mi sono separato dalla mia ormai ex-moglie, improvvisamente mi sono ritrovato solo senza i miei tre figli che mi gironzolavano intorno, senza più poter gioire della loro presenza, sono caduto a pezzi, ho lasciato crollare la mia attività lavorativa, con tutte le conseguenze che ne sono derivate. Per mesi percepivo un vuoto tremendo, avevo ripreso a fumare, mangiavo qualsiasi cosa mi capitasse a tiro nel tentativo di colmarlo.

Una volta toccato il fondo decisi che dovevo fare qualcosa e in pieno inverno mi recai in un parco pubblico deserto, mi sedetti su una panchina e decisi di affrontare il dolore ad ogni costo invece di evitare il vuoto, o meglio la sensazione che provavo che attribuivo a un vuoto in realtà inesistente. Appena iniziai a sentire la sensazione al centro del petto, istintivamente cercai in tasca le sigarette che avevo lasciato di proposito a casa, mi resi conto dell’impulso ad evitare la sofferenza e mi concentrai di nuovo sulla sgradevole sensazione.

“Ok, questa è una mia sensazione, l’accetto e non la rifiuto, la voglio sentire in tutta la sua intensità.”

La sentii espandere e ingrandirsi e il corpo inizio a tremare, non certo per il freddo, poi gradualmente la sensazione evaporò lasciando spazio a un senso di pace.

Qualcuno a cui ho raccontato questa esperienza mi ha risposto: “Eh, ma sapessi invece il mio dolore… è davvero incolmabile.”

In realtà è soggettivo.

Mi ricordo di un bambino al quale i genitori non avevano comprato un gadget da pochi euro ritornare per giorni davanti alla vetrina del negozio a guardarlo disperato, con le mani e la fronte appoggiate al vetro.

Cambia l’oggetto, ma il dolore è lo stesso e può essere vinto solo affrontandolo, sentirlo in tutta la sua intensità.

Da quel momento ritornai a vivere.

La sensazione è poi ricomparsa alcune volte ma molto meno intensa e semplicemente accettandola e percependola è scomparsa fino a non ricomparire mai più, e sono passati anni.

Che il tempo guarisca tutte le ferite è una credenza. Persino le ferite fisiche ormai cicatrizzate non sono da considerarsi completamente guarite fino a quando non si guarisce anche l’aspetto emozionale ad esse connesso.

“Riempire il vuoto” è un trucco psicologico che impariamo a fare per evitare il dolore.

Ho smesso di cercare di riempire vuoti inesistenti con della spazzatura. Ognuno può farlo se disposto a sentire la propria sofferenza con l’intenzione di eroderla fino all’ultima particella.

“Ci sono solo due tipi di persone al mondo: quelle che cercano di riempire al massimo il loro vuoto interiore, e quei pochissimi esseri preziosi che cercano di osservare il loro vuoto interiore. Quelli che cercano di riempirlo rimangono vuoti, frustrati. Collezionano spazzatura, la loro vita è inutile e priva di frutti. Solo il secondo tipo, le persone preziose che cercano di osservare il loro vuoto interiore senza desiderare di riempirlo, diventano meditatori.”
-Osho

Gli esseri umani sono resistenti. Siamo più grandi di qualsiasi dolore.

Il dolore è qualcosa che abbiamo evitato per molto tempo, fin dalla nostra infanzia. Qualsiasi dipendenza, dalle droghe pesanti, dai cioccolatini, o dalla pasta “buona solo come quella che mi faceva la mamma” la usiamo per evitare il dolore, racchiudolo in un bozzolo per non esserne feriti.

Le multinazionali conoscono bene questo meccanismo e lo usano negli spot per vendere i loro prodotti.

Quando vedi uno spot dove tutti sorridono allegri, con la famiglia felice riunita, dove tutti sono belli e perfetti, non correre a comprare la loro pasta, reagisci in maniera esilarante.

Luciano Gianazza

Dopo aver sperimentato i benefici degli insegnamenti di Ehret, ho deciso tradurre e pubblicare il suo capolavoro "Il Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco" per renderne possibile la lettura e la pratica al pubblico italiano. Era il dicembre 2005 e due anni dopo, nel 2007, il libro è stato riveduto e corretto e pubblicato nello stato dell'arte dalla Juppiter Consulting Publishing Co®. Nel 2013 è stata pubblicata la seconda edizione ampliata nella collana Ehretismo®. Nel frattempo l'opera di Arnold Ehret è stata completata con la traduzione e la pubblicazione degli altri suoi 5 libri. Molte persone hanno confermato con i risultati ottenuti mettendo in pratica il “Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco” la validità degli insegnamenti di Ehret.

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Luciano Gianazza

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